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L’era Cristiana o “volgare” fu introdotta da

L’era Cristiana o “volgare” fu introdotta da Dionigi Esiguo, detto “Il Piccolo” un monaco vissuto tra la fine del V secolo e l’inizio del VI secolo d.C.

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L’era cristiana passò nei documenti pubblici e privati a partire dal

Tale sistema passò nei documenti pubblici e privati a partire dal VII secolo

3
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L’era Cristiana è conosciuto in tutta l’Europa Occidentale quando?

dopo il X secolo esso è conosciuto in tutta l’Europa Occidentale.

4
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La consuetudine di contare gli anni prima della nascita di Cristo venne introdotta solamente nel

nel corso del XVIII secolo

5
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ciascun anno fu indicato mediante i magistrati eponimi a partire dal…

A Roma a partire dall’età repubblicana, ciascun anno fu indicato mediante i magistrati eponimi (letteralmente “che davano il nome” all’anno).

6
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L’uso di esprimere talora la data partendo dalla fondazione di Roma avvenne nel…

prese piede negli ambienti dotti antichi soltanto tra la fine dell’epoca repubblicana e la prima età imperiale

7
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La fondazione di Roma avvenne nel….. e venne fissata da ……..

fondazione della città (754-753 a.C.) venne fissata solo in epoca Cesariana, da Marco Terenzio Varrone, da cui l’espressione “data varroniana”.

8
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La stessa datazione oggi canonica della fondazione della città fu ricavata come?

Essa fu ricavata retrospettivamente partendo da sincronismi che fissavano al 509 a.C. il primo anno della Repubblica e attribuendo al periodo regio una durata complessiva corrispondente a 35 anni per ciascuno dei sette re della tradizione.

9
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Il calendario romano repubblicano, che rimase in vigore fino

fino alla riforma di cesare (46 a.C.)

10
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Il calendario romano Repubblicano era basato su un anno di…. con giorni…..

su un anno di 355 giorni, suddiviso in dodici mesi (quattro di 31 giorni, sette di 29 e uno di 28).

11
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Il calendario romano repubblicano cominciava il

cominciava il primo Marzo (solo dal 153 a.C. l’inizio dell’anno civile fu anticipato al primo gennaio).

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i giorni di mercato (nundinae) durante i quali

la popolazione rurale confluiva nelle città per i propri commerci e aveva occasione di partecipare personalmente alla vita civica e sociale. I mercati avevano luogo regolare ogni otto giorni (“ogni nono giorno” secondo il computo romane da cui nundinae).

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Sui calendari i nundinae erano

Sui calendari tali giorni erano contrassegnati dalla lettera A alla H, quando finiva una serie ne inizia un’altra e cos’ via.

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Il significato dell’articolazione A-H dei nundinae nell’organizzazione pubblica e privata di Roma

Il significato di tale articolazione nell’organizzazione pubblica e privata di Roma è attestato dal Trinundinum ( un intervallo di tre nundinae) che veniva richiesto tra l’affissione di una proposta di legge e la sua votazione, o tra l’accettazione dei candidati e il giorno delle elezioni, o tra la promulgazione e l’esecuzione di una sentenza, che un provvedimento del 98 a.C. ribadì ancora come obbligatorio.

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La denominazione dei cittadini romani si fondava in età più antica

su un unico nome.

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il nome completo di un cittadino romano di condizione libera comportò tre elementi (tria nomina)

Il primo era il prenome (praenomen) l’originario nome personale. Il secondo era il gentilizio (nomen): designava il gruppo familiare (gens) di appartenenza dell’individuo e veniva trasmesso di padre in figlio. Il terzo era il cognomen, spesso derivato da un soprannome individuale, tratto talora da caratteristiche fisiche, come Rufus (capelli rossi), calvus (calvo), talora da precisazione geografiche spesso legate alla provenienza, Gallus, esso tese poi a divenire ereditario tra gli aristocratici, per distinguere le varie famiglie appartenenti a una stessa gens.

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In caso di adozione l’adottato assumeva

i tria nomina del padre adottivo, a cui faecva seguire un secondo cognomen, tratto dal gentilizio della sua famiglia, d’origine, per esempio Caio Ottavio adottato da (Caio Giulio Cesare) divenne Caio Giulio Cesare Ottaviano, il figlio di Lucio Emilio Paolo, adottato da Publio Cornelio Scipione, Publio Cornelio Scipione Emiliano.

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Le cittadine romane di nascita libera ricevevano come nome

come nome il sole gentilizio paterno, al femminile, (qualche volta in epoca repubblicana, sempre in epoca imperiale, seguito da un cognomen), e continuavano a portarlo anche da sposate. Di regola non avevano prenome.

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Gli schiavi erano abitualmente denominati con un

con un unico nome personale. I liberti, cioè gli ex schiavi liberati, assumevano il prenome e il gentilizio dell’ex padrone, e come cognomen il loro antico nome da schiavo.